martedì 25 marzo 2014

“Donna – Immagine in divenire”: il nuovo numero di Diwali – Rivista Contaminata

Se un altro mondo è possibile, passa anche da qui, dal nostro abbandonarci al flusso della nostra energia per riconvertirla in libera costituzione della singola individualità, per sottrarla per sempre all’impresa della ripetizione.
L’Editorial
Oggi è uscito il nuovo numero di Diwali – Rivista Contaminata. Chiave di volta della pubblicazione n. 4 è l’immagine della donna in fieri, colta nel progressivo svilupparsi di un’identità autentica, affrancata dalle rigide maglie del discorso di genere.
Segnalo in particolare "Il palco nudo", magistrale riflessione-(contr)azione intorno a Orgia di P.P. Pasolini, e la presenza, nella rubrica InDicazioni, di due recensioni incluse anche in questo blog: La ragazza dalle Tredici Anime e La lente scura.
Qui il sito della rivista e qui il pdf scaricabile dell'ultimo numero.

domenica 16 marzo 2014

"La cathédrale engloutiee": Iosif Brodskij a Venezia


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Incurabile è la mobilità inquieta dell’occhio, che senza posa, per sua natura acquatico, guizza come pesce sulle fondamenta della memoria, intangibili e irreali nel loro costitutivo elemento: la Cathédrale engloutiee che è Venezia.
Il lettore che cercasse un canonico resoconto di viaggio, o che si aspettasse un elogio puramente estetico della città lagunare, rimarrebbe deluso. Brodskij non ha alcuna pretesa di comporre un testo strutturato e organico: nel labirinto della memoria non si può che “perdere l’orientamento”, trasportati alla deriva dal “fluire di un’acqua limacciosa nella stagione sbagliata dell’anno”.  Fluttuante come una gibigianna, moltiplicato all’infinito da un gioco di specchi ossidati, il racconto è il tentativo di catturare in una “rete impigliata nelle alghe sotto zero” l’elusivo riflesso di una città (im)materiale, che affiora alla superficie della memoria attraverso squarci e visioni, sospinta da branchi argentini di metafore acquatiche, marine, zoomorfe, mostruose. Di fronte a una topografia che si scioglie in una miriade d’ineffabili rivoli, è quindi necessario postulare la suprema autonomia dell’occhio. Impossibile soggiogare alla ragione le viscide squame della fenomenologia lagunare, che per un paradossale procedimento inverso è materia d’immaginazione che si fa marmo e carne. La percezione, seppur mediata dalla membrana osmotica del ricordo, precede la riflessione: “le superfici - cioè la prima cosa che l’occhio registra - sono spesso più eloquenti del loro contenuto”.
La ragione si offusca, è annebbiata: l’istanza cosciente dell’uomo cede di fronte all’incalzare del subconscio, che avanza come “il lento procedere del vaporetto attraverso la notte”. Lo sprofondare onirico verso il primordiale, il mitologico, l’oscura notte fondativa dell’uomo, non lascia tuttavia alcuno spazio per qualsivoglia indagine psicanalitica: i sogni si ribellano al grande Inquisitore, Freud, il sostrato inconscio dichiara la propria refrattarietà all'esegesi coerente della ragione. Non c’è interpretazione perché la cornice supera il contenuto e poiché il contenuto è avvolto dalla nebbia di calli campi canali, che conferisce alla città stessa una dimensione di atemporalità. Simulacro di non-esistenza, Venezia è dominio dell’immaginario, estuario al quale confluiscono in gorghi e si confondono le correnti marine di passato, presente, futuro.  L’unico riferimento temporale, ossia l’inverno, stagione elettiva dei soggiorni di Brodskij a Venezia, sembra farsi espediente di un inconscio desiderio/tentativo di ancorare, nella rigidità inclemente del ghiaccio, una città dalle fondamenta illusorie, dove una poderosa risacca diluisce, travolge e infine spazza via, trascinandole in alto mare, le categorie di spazio e tempo.  
L’autore, tuttavia, pare a proprio agio in questa sostanza sfuggente, effimera, salmastra come una lacrima, “il modo in cui una retina ammette la propria incapacità di trattenere la bellezza”, e sereno nella certezza che “non posseder[à]mai questa città”.



Iosif Brodskij, Fondamenta degli incurabili, Adelphi 2012