domenica 22 febbraio 2015

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occhi vorrei e mani
e lo sgocciolare del disgelo
di azzurrine cime e lontane
muta la bellezza di mostre
e fotografie
o umide statue
neri tronchi e marcite
foglie nei giardini
di planetari e storie
naturali

Escalier de la butte Montmartre au chien blanc (1932-1933)
    Brassaï (dit), Halasz Gyula (1899-1984)

 

sabato 8 novembre 2014

"Teorema del corpo – Donne scrivono l’eros"


Katia Chausheva

Anche una mia poesia è stata scelta per il volume Teorema del corpo - Donne scrivono l'eros, che uscirà prossimamente per la nuova collana Fibre – collettanee di poesia di FusibiliaLibri.
 
Ecco uno stralcio del comunicato di Dona Amati, poetessa e presidente dell'associazione Fusibilia, che si è fatta promotrice entusiasta del concorso e curerà l'edizione del volume.
 
Abbiamo predisposto il concorso Teorema del corpo – Donne scrivono l’eros mirando alla realizzazione di un volume articolato in due sezioni: Desideranti e Amanti, perché ciascuna autrice focalizzasse al meglio l’interpretazione dell’eros femminile, questa dimensione umana da sempre oppressa e sottaciuta, anche annientata violentemente dal predominio, spesso truce, della cultura maschilista. L’affrancamento delle donne da questo passa soprattutto attraverso il rafforzamento della propria immagine interiore come attrici e soggetti della pulsione erotica, volendo intendere questa come inclinazione alla vita e accettazione del proprio essere, con tutte le implicazioni naturali che questo comporta. Riconsiderare l’archetipo femminino, immanente in tutti gli aspetti naturali, preservare il valore della propria sessualità, questo è ciò che abbiamo chiesto alle donne di scrivere.
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giovedì 18 settembre 2014

“Spaesamenti”: è uscito il nuovo numero di Diwali – Rivista Contaminata!

Nel nuovo numero di Diwali – Rivista Contaminata scegliamo di perdere la strada, di smarrirci con lo spirito dell’artista.
“Eterno viandante, l’artista, non è mai davvero a casa in nessun tempo né luogo. Il processo creativo implica, infatti, l’attitudine a cogliere la realtà con occhi diversi e perdersi in connessioni insolite tra elementi distinti della quotidianità. Che resta identica a se stessa, eppure si disvela differente. Ed ecco lo spaesamento, uno smarrimento di fronte a (s)oggetti che mostrano inaspettatamente un volto nuovo, rendendosi ad un tempo familiari e irriconoscibili…”
Alessandra Carnovale

In questo numero

Oltre agli interessantissimi contributi degli altri autori, potete trovare una meravigliosa intervista sulla traduzione a Michele Piumini, un estratto della mia tesi di laurea sui corpi urbani e umani marginali di Londra narrati in Nessun Dove di Neil Gaiman e quattro recensioni: Le fantasticherie della donna selvaggia di Hélène Cixous, Poesie di Iosif Brodskij, La passione della nuova Eva di Angela Carter e Quando sorride il mare di Floriana Porta.

Iosif Brodskij

Hélène Cixous

Angela Carter

Leggete, diffondete, contaminate!

E aiutateci a organizzare l’evento contaminato che si terrà a Roma al Circolo degli Artisti il 14 dicembre prossimo: qui tutte le informazioni!


domenica 22 giugno 2014

"Trauma e creazione": nel nuovo numero di "Diwali - Rivista contaminata" quattro recensioni nella rubrica "InDicazioni"

“Filo conduttore delle scelte di questo numero è la nozione di trauma. “Trauma” è una lesione, una ferita dell’animo che può essere provocata dalla perdita di un oggetto amato, da una rottura violenta rispetto al consorzio sociale, da una lacerazione nel tessuto della realtà, da una condizione d’esilio e di straniamento. La scelta è quindi ricaduta, rispettivamente, su Fuochi di Marguerite Yourcenar, Le ballate dell’angelo ferito di Guido Ceronetti, Quattro novelle sulle apparenze di Gianni Celati e Senza orto né porto di Roberto Marzano.

In senso lato, dunque, la scaturigine del trauma è sempre una perdita, una mancanza, un vuoto che s’apre come baratro di senso. Pasticciando con l’etimo e pensando al termine tedesco che designa il sogno, ossia Traum, si potrebbe assimilare il trauma al dirompere di una logica onirica, surreale, folta di metafore e analogie; una logica altra, trasversale, tangente o perfino assente (forse solo vacillante) con la quale interpretare l’evolversi inarrestabile del nostro essere nel mondo.”

È uscito il numero cinque di Diwali – Rivista contaminata. Fil rouge è il rapporto fra trauma e creazione. Nella rubrica InDicazioni potete leggere quattro mie recensioni sull’argomento. Potete scaricare liberamente il numero e condividerlo accedendo a questo URL.

martedì 25 marzo 2014

“Donna – Immagine in divenire”: il nuovo numero di Diwali – Rivista Contaminata

Se un altro mondo è possibile, passa anche da qui, dal nostro abbandonarci al flusso della nostra energia per riconvertirla in libera costituzione della singola individualità, per sottrarla per sempre all’impresa della ripetizione.
L’Editorial
Oggi è uscito il nuovo numero di Diwali – Rivista Contaminata. Chiave di volta della pubblicazione n. 4 è l’immagine della donna in fieri, colta nel progressivo svilupparsi di un’identità autentica, affrancata dalle rigide maglie del discorso di genere.
Segnalo in particolare "Il palco nudo", magistrale riflessione-(contr)azione intorno a Orgia di P.P. Pasolini, e la presenza, nella rubrica InDicazioni, di due recensioni incluse anche in questo blog: La ragazza dalle Tredici Anime e La lente scura.
Qui il sito della rivista e qui il pdf scaricabile dell'ultimo numero.

domenica 16 marzo 2014

"La cathédrale engloutiee": Iosif Brodskij a Venezia


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Incurabile è la mobilità inquieta dell’occhio, che senza posa, per sua natura acquatico, guizza come pesce sulle fondamenta della memoria, intangibili e irreali nel loro costitutivo elemento: la Cathédrale engloutiee che è Venezia.
Il lettore che cercasse un canonico resoconto di viaggio, o che si aspettasse un elogio puramente estetico della città lagunare, rimarrebbe deluso. Brodskij non ha alcuna pretesa di comporre un testo strutturato e organico: nel labirinto della memoria non si può che “perdere l’orientamento”, trasportati alla deriva dal “fluire di un’acqua limacciosa nella stagione sbagliata dell’anno”.  Fluttuante come una gibigianna, moltiplicato all’infinito da un gioco di specchi ossidati, il racconto è il tentativo di catturare in una “rete impigliata nelle alghe sotto zero” l’elusivo riflesso di una città (im)materiale, che affiora alla superficie della memoria attraverso squarci e visioni, sospinta da branchi argentini di metafore acquatiche, marine, zoomorfe, mostruose. Di fronte a una topografia che si scioglie in una miriade d’ineffabili rivoli, è quindi necessario postulare la suprema autonomia dell’occhio. Impossibile soggiogare alla ragione le viscide squame della fenomenologia lagunare, che per un paradossale procedimento inverso è materia d’immaginazione che si fa marmo e carne. La percezione, seppur mediata dalla membrana osmotica del ricordo, precede la riflessione: “le superfici - cioè la prima cosa che l’occhio registra - sono spesso più eloquenti del loro contenuto”.
La ragione si offusca, è annebbiata: l’istanza cosciente dell’uomo cede di fronte all’incalzare del subconscio, che avanza come “il lento procedere del vaporetto attraverso la notte”. Lo sprofondare onirico verso il primordiale, il mitologico, l’oscura notte fondativa dell’uomo, non lascia tuttavia alcuno spazio per qualsivoglia indagine psicanalitica: i sogni si ribellano al grande Inquisitore, Freud, il sostrato inconscio dichiara la propria refrattarietà all'esegesi coerente della ragione. Non c’è interpretazione perché la cornice supera il contenuto e poiché il contenuto è avvolto dalla nebbia di calli campi canali, che conferisce alla città stessa una dimensione di atemporalità. Simulacro di non-esistenza, Venezia è dominio dell’immaginario, estuario al quale confluiscono in gorghi e si confondono le correnti marine di passato, presente, futuro.  L’unico riferimento temporale, ossia l’inverno, stagione elettiva dei soggiorni di Brodskij a Venezia, sembra farsi espediente di un inconscio desiderio/tentativo di ancorare, nella rigidità inclemente del ghiaccio, una città dalle fondamenta illusorie, dove una poderosa risacca diluisce, travolge e infine spazza via, trascinandole in alto mare, le categorie di spazio e tempo.  
L’autore, tuttavia, pare a proprio agio in questa sostanza sfuggente, effimera, salmastra come una lacrima, “il modo in cui una retina ammette la propria incapacità di trattenere la bellezza”, e sereno nella certezza che “non posseder[à]mai questa città”.



Iosif Brodskij, Fondamenta degli incurabili, Adelphi 2012

domenica 19 gennaio 2014

Arthur Schnitzler e la ragazza dalle tredici anime

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Nella Ragazza dalle tredici anime viene alla luce un ritratto inedito di due personalità poliedriche e contraddittorie: quella del grande scrittore austriaco Arthur Schnitzler, prolifico autore di romanzi, racconti e opere teatrali di complessa indagine psicologica, e una giovane ragazza della media borghesia, Hedy Kempny, che intreccia con Schnitzler un lungo rapporto di affettuosa amicizia, attraversato da una tensione erotica mai compiutamente realizzata. Si tratta di una testimonianza eccezionale che rivela il lato più intimo dei due protagonisti, offrendo una chiave di accesso preziosa alla loro vita interiore. 

Arthur Schnitzler
Il carteggio tra i due è intercalato da estratti del diario di Hedy, che spiegano, ampliano e talvolta complicano l’intreccio di vicissitudini che la avvicinano o allontanano dal grande scrittore. Intelligente e anticonformista, Hedy è una ragazza che incarna tutte le antinomie e i drammi di un'epoca tumultuosa, sorta dalle ceneri dell'impero austroungarico e dalle conseguenze disastrose della prima guerra mondiale. Nel tentativo di tracciare un percorso di vita autonomo, libero e autentico, svincolato dal conformismo borghese e fedele alle proprie inclinazioni, Hedy è pronta a superare ogni ostacolo. Nonostante il grigio e monotono impiego in una banca, indispensabile per conservare un’effettiva indipendenza economica, si impegna a coltivare i molteplici talenti e le passioni che la caratterizzano: studia recitazione, segue un corso di ginnastica, assiste a concerti e spettacoli teatrali, legge moltissimo, viaggia ancor più spesso, cogliendo ogni occasione che le si presenti, se necessario con piglio spregiudicato.
Il suo è un volo ad ali spiegate verso la maturità, talora oscillante e incerto, talora stabile e determinato. Nel suo mondo interiore può capitare che la malinconia e la mutevolezza, come imprevedibili correnti d’alta quota, sopprimano gli impeti gioiosi e infantili, o al contrario che un’ingenua fiducia nel futuro rischiari un paesaggio desolato di solitudine e separazioni. Si tratta quindi di un processo evolutivo tortuoso, talora colmo di dolore, eppure mai offuscato dall’autoinganno, dalla negazione, dalla rimozione. Un processo che accomuna ogni individuo e con il quale una giovane lettrice (la specificazione di genere appare inevitabile) trova spontaneo identificarsi. 
Per Hedy il grande scrittore è sempre presente, con una parola di incoraggiamento o di conforto, a stringerle con calore la mano malgrado la distanza che spesso li separa, ad accompagnarla con sguardo attento e affettuoso nella costruzione di un'identità matura, in grado di scendere a patti con l'impossibilità della perfezione, l'incomunicabilità dei sentimenti, la solitudine connaturata all’esistenza. L’intesa fra i due, tuttavia, non si può incasellare nello schema frusto e prevedibile di un rapporto padre-figlia, perché sarebbe riduttivo oltre che impreciso. La natura di questa relazione è infatti eccezionale: si tratta di un incontro fra due anime che si mettono a nudo l’una di fronte all’altra. Un incontro che, come confermano le lettere, rappresenta un unicum nel vissuto di entrambi. Hedy, infatti, è portata a stabilire rapporti improntati all’ideale di una trasparente autenticità, e questa condizione, per una splendida e inspiegabile alchimia, si riesce proprio a concretizzare con Arthur Schnitzler. Incuriosito dalle "tredici anime” di questa ragazza sensibile e anticonvenzionale, lo scrittore la sprona a esprimersi, ad aprire cuore e anima, a raccontare tutto di sé. Di fronte a una vitalità tracimante, a un candore esuberante e insieme ingenuo, l'iniziale, apparente freddezza di Schnitzler si stempera negli anni in un amore costante, colmo di premure, accoglienza, comprensione. Proprio perché consapevoli che “l'anima è un vasto paese”, entrambi riescono a conservare la freschezza rivoluzionaria di un rapporto maturo, non esclusivo, in grado di accogliere i silenzi come le irrefrenabili loquacità dell'anima, un rapporto eccezionale che giunge a conclusione solo per la morte prematura di Schnitzler, avvenuta il 31 ottobre 1931.

Ai lettori resta un’immagine di ariosa libertà e l'impressione che la felicità, per quanto sia una chimera, possa balenare imprevista in alcuni rapporti interpersonali. Questo, ovviamente, a condizione di essere disposti a mettersi in gioco, a interrogare le nostre paure più recondite e inconfessabili, a comprendere gli altri senza idee preconcette. In sostanza è quindi indispensabile porsi nell'atteggiamento corretto che consente di “cercare e saper riconoscere”, come scrisse Calvino nelle Città invisibili, “chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Hedy Kempny e Arthur Schnitzler hanno saputo ritagliare questo spazio l’uno per l’altra nel vasto paese delle loro anime.

Hedy Kempny, Arthur Schnitzler, La ragazza dalle tredici anime, Feltrinelli 1987